Diamo i numeri, quelli giusti, però!


Di numeri, infatti, ne sono circolati sin troppi, in questi giorni di Manovra Finanziaria, ma ben pochi si sono presi la briga di verificarli, di analizzarli al meglio, di scomporre i dati, forniti ad arte per ottenere una serie di risultati eclatanti: prima di tutto individuare un nemico comune(il "falso invalido"), in secondo luogo indicare un possibile grande risparmio "etico" (la spesa destinata a ingrassare i falsi invalidi e le loro ricche famiglie), in terzo luogo spostare l’attenzione da altre criticità della manovra, e infine precostituirsi un alibi di fronte all’eventualità, tutt’altro che remota, di non riuscire a recuperare grandi cifre da questa poderosa lotta contro i "lestofanti a rotelle" o "pseudociechi" o "falsi sordi".Ciò che resta, in realtà, è un enorme danno di comunicazione, destinato a durare nel tempo .

È il momento di dare i numeri. Quelli giusti, però. Perché in questa vicenda dei tagli previsti dalla manovra economica e di pesante sottolineatura da parte del ministro Tremonti della rilevanza della spesa sostenuta per gli invalidi (altro che "persone con disabilità", siamo tornati bruscamente al "burocratese" e dunque "siamo tutti invalidi"!),
di numeri ne sono circolati parecchi, grazie anche al meccanismo del "copia e incolla" dai comunicati ministeriali, una pratica evidentemente in auge nel giornalismo di informazione italiano, anche da parte di firme illustri, di fustigatori dei costumi e del malcostume.
Nessuno, infatti, si è preso la briga di verificare i numeri, di analizzare al meglio le cifre, di scomporre i dati, forniti ad arte per ottenere una serie di risultati eclatanti: prima di tutto individuare un nemico comune (il "falso invalido"), in secondo luogo indicare un possibile grande risparmio "etico" (la spesa destinata a ingrassare i falsi invalidi e le loro ricche famiglie), in terzo luogo spostare l’attenzione da altre criticità della manovra, e infine precostituirsi un alibi di fronte all’eventualità, tutt’altro che remota, di non riuscire a recuperare grandi cifre da questa poderosa lotta contro i "lestofanti a rotelle", o "pseudociechi", o "falsi sordi". Questo lo scenario, e questi i numeri.
2,7 milioni di invalidi civili
Tanti sono secondo il ministro Tremonti, ma non è così. Questo numero, infatti, è solo la somma delle prestazioni fornite agli invalidi, dal momento che in molti casi le prestazioni appunto si sommano: ad esempio pensione di invalidità e indennità di accompagnamento.
Perciò in realtà il numero complessivo di invalidi civili è di circa 2 milioni.
Grande enfasi è stata posta sulla scoperta di falsi invalidi (i casi eclatanti dei "ciechi che guidano", per fare un esempio), ma forse è utile sapere che in tutto (fonte INPS 2009), i ciechi assoluti che percepiscono la pensione (277,57 euro) sono soltanto 40.614. Salgono a 50.376 se si contano i ciechi assoluti che percepiscono l’indennità di accompagnamento 783,60 euro, a riprova che solo 10.000 ciechi assoluti superano il limite di reddito previsto per ottenere la pensione. Quale grande risparmio sarebbe mai possibile incidendo su questi numeri?
273.726 assegni di invalidità
Tanti sono quelli erogati nel 2009 a invalidi civili compresi fra il 74 e il 99%.
La Manovra interviene sulla percentuale minima di invalidità richiesta per la concessione dell’assegno: viene elevata all'85% a partire dal 1° giugno [oggi, N.d.R.] e sarà applicata solo alle nuove domande. Rimangono fermi gli altri requisiti reddituali e di inoccupazione.
Con questa disposizione non si colpiscono i disabili "più gravi", ma sicuramente quelli che attualmente hanno meno tutele, meno garanzie. Persone escluse dal mondo del lavoro e comunque con un reddito personale bassissimo, già sottoposte a requisiti molto stringenti. Per intenderci: una persona con l’80% di invalidità, disoccupata e priva di reddito, non avrà più diritto all’assegno mensile di assistenza, a meno che non ne sia già in possesso. Si tratta di un danno notevole per i singoli, senza un effettivo impatto positivo sui bilanci dello Stato.
«Facciamo due conti - e cito una puntigliosa analisi di Carlo Giacobini, apparsa in questo stesso sito [la si legga cliccando qui, N.d.R.] -. Nel 2009 i titolari di assegno mensile di assistenza erano 273.726, la percentuale richiesta 74-99%, l’importo mensile 256, quello annuale 3.328. Dal primo giugno 2010 si eleva la percentuale minima all’85%. Supponiamo per assurdo che - di punto in bianco - ci siano 50.000 nuovi casi in un anno (cioè oltre il 20% dell’attuale universo) e che a tutti questi casi venga riconosciuta un’invalidità inferiore all’85%. In questa ipotesi il risparmio sarebbe di 166.400.000 euro (50mila x 3.328 euro). Ovviamente non è pensabile che le domande siano 50.000: negli ultimi anni, infatti, si sono registrati mediamente fra i 10 o 15.000 nuovi casi l’anno. Non è credibile nemmeno che tutte le percentuali di invalidità riconosciute siano inferiori al 85%. Quindi 166 milioni non sono raggiungibili neanche lontanamente». E infatti una stima forse realistica parla di un risparmio possibile di 30 milioni di euro.
7.000 euro
Questa cifra corrisponde al costo medio di una causa civile, intentata come ricorso per aver visto decurtata o annullata l’erogazione di una prestazione per invalidità. Al momento sono pendenti 400.000 cause di questo genere. Il giro d’affari è dunque enorme, 2 miliardi e 800 milioni di euro. Inutile dire che molto spesso lo Stato soccombe ai ricorsi e deve ripristinare le indennità o le pensioni soppresse.
2.500 euro
Questo è il costo medio mensile per il mantenimento di una persona con disabilità non autosufficiente, in ambito familiare. L’indennità di accompagnamento (480 euro) incide dunque per meno del 20 per cento sulla spesa complessiva.
0 euro
È la cifra in bilancio quest’anno per il Fondo per le Non Autosufficienze (erano 400 milioni per il 2009). Gli stanziamenti regionali compensativi sono disuguali sul territorio nazionale e comunque cresce rapidamente la partecipazione alla spesa per servizi da parte delle famiglie.
Per finire
L’aumento delle prestazioni agli invalidi civili sta diminuendo negli ultimi anni. Nel 2008 le prestazioni erogate sono aumentate del 5,9% rispetto all'anno precedente. Nel 2009 l'aumento è stato del 4,5%. Il trend è in calo (fonte INPS, Relazione Annuale 2009, pagina 165). Dunque: tanto rumore per nulla. O quasi. Ma chi davvero non potrà più accedere a prestazioni minime come la pensione o l’assegno di invalidità, sarà vittima di numeri falsi, di numeri diffusi volutamente per convincere un’opinione pubblica distratta e stanca.
I numeri che non ci sono
Manca una seria analisi dei dati economici relativi alla povertà delle persone con disabilità. Se è vero che è nettamente maggiore il numero di pensioni di invalidità al Sud, questo significa anche che al Sud una persona disabile non trova lavoro e dunque, a parità di certificazione corretta, ha diritto alla pensione.
Al Nord il livello di occupazione delle persone disabili è nettamente superiore, ma questo dato non viene mai citato. Si preferisce il luogo comune della "disonestà meridionale". Senza contare, come ha argomentato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (sic!) Gianfranco Miccichè: «A un'area, quella del Nordest, già piena di imprese, si è consentito di non pagare tasse, perché per 20 anni non si è fatta una sola indagine fiscale; contemporaneamente, in Sicilia, piuttosto che meccanismi strutturali di compensazione alla disoccupazione, si è permessa la facile concessione dell'invalidità civile, oltre al contributo a fondo perduto a chi faceva impresa creando una mostruosità di incompetenza imprenditoriale».
E soprattutto manca, al termine della manovra, una stima realistica del risparmio effettivo. Ma il danno di comunicazione è enorme, e durerà nel tempo.

Fonte Superando.it (di Franco Bomprezzi*)

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